Romagna Cagnina DOC: il vino del focolare autunnale | Consorzio Vini di Romagna
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ottobre 2021 | Vino

Romagna Cagnina DOC: il vino del focolare autunnale

Un vino che arriva da lontano e che da sempre riscalda le serate romagnole con il suo sapore dolce e mordace al tempo stesso. Prendete posto, che la storia del Romagna Cagnina DOC sta per iniziare.

Se l’Epifania è la festa che “si porta via” le feste natalizie, allora ottobre è sicuramente il mese che congeda con gentilezza e ancora un po’ di calore l’estate. Con le giornate sempre più corte e i ricordi delle vacanze ancora a farci compagnia, le sere d’ottobre sono il momento perfetto per far largo sulle tavole al più dolce e aromatico figlio della vendemmia romagnola, il vino che più di ogni altro si fa apprezzare nel pieno della sua “gioventù”: il Romagna Cagnina DOC. Dal colore rosso intenso e dai profumi che rimandano a ciliege sotto spirito e spezie esotiche, in elegante equilibrio fra il dolce e l’asprigno, “la Cagnina” – così la si chiama confidenzialmente in Romagna – s’è guadagnata un posto nel cuore dei romagnoli e il suo nome mordace richiama proprio quel finale di bella acidità che, con giocosa irriverenza, accarezza il palato di quanti la scelgono per accompagnare una fetta di brazadèla – la tradizionale ciambella romagnola – o una cesta di caldarroste.

Pucino: un illustre antenato alla corte dell’Imperatrice Giulia Augusta

“Iulia Augusta LXXXII annos vitae Pucino vino rettulit acceptos, non alio usa. Gignitur in sinu Hadriatici maris non procul Timavo fonte, saxoso colle, maritimo adflatu paucas coquente amphoras, nec aliud aptius medicamentis iudicatur. Hoc esse crediderim quod Graeci celebrantes miris laudibus Praetetianum appellaverint ex Hadriatico sinu”

Plinio, NH = C. Plini Secundi, Naturalis historia libri XXXVII, B.G. Teubneri, Lipsiae, vol. II (1875), XIV.6.60

Il ginnasio è un lontano ricordo per tutti e tutte noi, perciò se ci siamo permessi di iniziare con questo breve estratto della Naturalis Historia non è per chiedervi di tradurlo, ma per segnare un importante punto di inizio nella storia del Romagna Cagnina DOC. A scrivere è Gaio Plinio Secondo, conosciuto dai più come Plinio il Vecchio, il leggendario autore latino che morì durante la terribile eruzione del Vesuvio del 79 D.C., la stessa che coinvolse le antiche città di Ercolano e Pompei. In questo passaggio Plinio il Vecchio, del quale ci sono giunti soltanto frammenti o trascrizioni delle sue opere, parla di tale Giulia Augusta, la quale, grazie all’assunzione di un vino chiamato Pucino, giunse alla strabiliante età di 82 anni (in realtà visse fino a 86 anni, perciò è corretto ritenere che l’età indicata da Plinio sia quella raggiunta dalla donna nel momento in cui l’autore scrisse il testo). Ora, la Giulia a cui fa riferimento altri non è che Livia Drusilla Claudia, seconda moglie dell'imperatore Augusto, la quale, alla morte del marito, assunse il nome di Giulia e il titolo di Augusta.

Essendo stata una delle donne più potenti e influenti dell’Impero, non stupisce che Giulia Augusta avesse potuto far arrivare fino a Roma questo Pucino, vino prodotto in esigue quantità in un'insenatura del mare Adriatico nei pressi delle fonti del Timavo (fiume che scorre fra le odierne Italia, Croazia e Slovenia), con viti coltivate su una collina dal terreno particolarmente roccioso e accarezzata da una brezza marina che conferiva caratteristiche particolari, tali da renderlo il più adatto all'uso medico. Insomma, anche per l’epoca, una vera rarità enologica. Mappe alla mano, si può affermare con altissima probabilità che la zona di cui Plinio il Vecchio scrive altra non è che la moderna regione del Carso, celebre per la bellezza dei suoi paesaggi e la bontà dei suoi vini, prodotti a partire dal Terrano del Carso, vitigno geneticamente omologo del Refosco.

Una lunga tradizione che poggia sulla pietra

Proviamo a riassumere cercando di fare un po’ di chiarezza: abbiamo un passaggio della Naturalis Historia che parla di un eccellente quanto miracoloso vino, il Pucino, prodotto in un’ansa dell’Adriatico che corrisponde quasi certamente a una zona dell’attuale Carso dove tutt’oggi si continua a coltivare un vitigno autoctono conosciuto come Terrano. Ma cosa c’entra tutto questo con il Romagna Cagnina DOC?

È presto detto: da disciplinare di produzione, il Romagna Cagnina DOC viene prodotto da uve Terrano (minimo 85%), e possono concorrervi fino a un massimo del 15% di uve da altri vitigni a bacca nera della lista regionale dell’Emilia-Romagna. Se vi state ora chiedendo come un antico vitigno dell’Europa Orientale sia arrivato sulle colline delle province di Forlì-Cesena e Ravenna, siamo pronti a sciogliere la vostra curiosità.

È risaputo che, dopo la caduta dell’Impero Romano di Occidente, Ravenna e il resto dell’Italia diventarono parte del regno bizantino di Giustiniano. L’inizio del regno bizantino e la fine della guerra con i Goti fu caratterizzato dalla costruzione di molti importanti edifici e chiese in quella che sarà poi la capitale dell’Esarcato d’Italia, il regno bizantino d’oltremare. Fra questi spiccano certamente la Basilica di San Vitale o la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, per la costruzione delle quali pare che furono ingaggiati scalpellini e manovali istriani. Se questo è vero, pare probabile che furono proprio loro a portare in Romagna il Terrano, che qui trovò condizioni pedoclimatiche favorevoli e un popolo, quello romagnolo, pronto ad accoglierlo e a prendersene cura.

Il vino del focolare autunnale

La diffusione del Terrano in Romagna è attestata con certezza dal XIII secolo, ma pur essendo presente sul territorio da ben prima, come testé documentato, questo vitigno non è mai decollato tra i vigneti in termini di superfici investite, complice la sua scarsa resa. Ma lo spazio che non si è ricavato quantitativamente come estensione sui colli romagnoli, se lo è guadagnato nel cuore della gente e negli usi locali: il Romagna Cagnina DOC, è il vino che accompagna i lunghi, temperati autunni di questa terra da tempo immemore, e che dal 1988 può vantare la prestigiosa Denominazione di Origine Controllata in etichetta.

Fresco di vendemmia, che avviene nel mese di ottobre, la Cagnina è in grado di esprimere tutto il suo potenziale come vino da compagnia e meditazione intorno al focolare domestico. Contraddistinto da un coloro vermiglio acceso, ricco di sfumature olfattive che richiamano la frutta, come l’uva matura stessa, le marasche e la frutta rossa, il Romagna Cagnina DOC accarezza il palato con quel suo gusto pieno e generoso di dolcezze e con la caratteristica nota finale astringente.

Dunque ricordate: con la brazadèla romagnola o con i vostri dolcetti preferiti, così come con le caldarroste appena tolte dal fuoco, il Romagna Cagnina DOC è una vera scoperta e una gioia assoluta del palato e del cuore. Date retta a noi, non ne potrete più fare a meno.