Storicamente vinificato in purezza in Romagna, da uvaggi in Toscana, il Sangiovese è un vitigno versatile, che
si adatta con buona flessibilità a diversi stili di coltivazione,
tipologie di potatura e variazioni climatiche e di suolo; la sua lunga storia
di successo si lega soprattutto alla sua affascinante capacità di esprimere
con peculiari caratteri i vari terroir in cui è coltivato.
LE ORIGINI
Le origini del
Sangiovese si perdono nel tempo, con testimonianze che risalgono già al XVI
secolo, con l’interessante ipotesi di traslazione da parte delle truppe medicee
di un incrocio di vitigni meridionali – la genetica di questa varietà conduce
lì – dalla Lucania verso nord, dove l’uva e il vino erano già conosciuti e
apprezzati dai tempi degli Etruschi, oltre duemila anni fa (lo confermano ritrovamenti in
tombe etrusche della Valconca nel riminese di resti di vitis silvestris, il selvatico antesignano della vitis vinifera).
Se la provenienza
geografica resta dibattuta, risulta credibile e affascinante la probabilità che
la coltivazione del vitigno sia andata attestandosi a cavallo del crinale
appenninico tosco-romagnolo ad opera dei monasteri benedettini vallombrosani –
ben 4 tra Marradi, Palazzuolo e Firenzuola – laddove la clausura ha sicuramente
motivato all’allevamento della vite per rendersi autonomi nel sopperire al vino
da Messa e alla dose giornaliera del monaco (!) stabilita in dettaglio dal
padre fondatore San Benedetto nella sua Regola. Qui il Sangiovese ha mostrato
la capacità di prosperare, con le giuste cure, anche nei magri terreni montani.
IL NOME
Il nome di questo
vitigno è oggetto di numerose congetture: alcune ipotesi suggeriscono
un'origine legata al culto di Dionisio nell'antica Grecia, altre lo associano
a "sangiovannese", indicando con ciò l’origine
presunta dalle parti di San Giovanni Valdarno, altre ancora lo collegano a
forme dialettali, in particolare al nome "sangiovannina", utilizzato
per descrivere una varietà precoce, che maturava in corrispondenza con la festa
di San Giovanni Battista a fine giugno… ma il Sangiovese è vitigno termofilo,
che richiede il raggiungimento di tanti gradi-giorno per giungere a maturità,
non deve trattarsi dello stesso vitigno se nel ‘600 lo si raccoglieva a fine
giugno e oggi - nel quadro di un riscaldamento globale senza precedenti -
matura tra settembre e ottobre.
Un'intrigante ipotesi affonda le sue radici nel cuore della Romagna, nel pittoresco borgo di Santarcangelo. Qui, sul Monte Giove, un tempo dominava un convento di monaci circondato
da rigogliosi vigneti. La storia racconta che il borgo, celebre per le sue
gallerie sotterranee scavate tra il VI e il XV secolo, utilizzasse la rete di
cunicoli per la conservazione di vino e provviste; il sistema divenne così
diffuso e conosciuto durante il Medioevo da far ribattezzare il vino locale
come “sangue di Giove", proprio per la sua provenienza dai
capillari scavi che gli abitanti chiamavano “le vene del Monte Giove”. Ma anche
in questo caso, le prove storiche dell’esistenza del vitigno e del vino e i
primi richiami al nome Sangiovese sono datati a fine XVI secolo e dunque la
storia del “sangue di Giove” come origine del nome non ha fondamento, pur
rimanendo una simpatica leggenda.
IL SANGIOVESE IN ROMAGNA
Le ricerca condotta con
rigore scientifico ha portato a rintracciare le origini del nome “Sangiovese”
proprio in Romagna: la regione riveste un ruolo centrale anche nella storia
documentata del vitigno. Gli studi promossi nell’ultimo decennio dal Consorzio
Vini di Romagna (Sangiorgi e Zinzani, 2017) portano a ritenere che il
Sangiovese, di origini meridionali, abbia trovato la sua culla nell’Appennino
tosco-romagnolo ad opera dei monasteri vallombrosani.
Il vitigno, tra XV e XVI
secolo, sarebbe sceso in Romagna assumendo il nome di Sangiovese e in Toscana
con il nome di Sangioveto, due termini che fanno riferimento ai gioghi (monti)
dell’Appennino. Se si considera, poi, che in Toscana il termine Sangiovese
compare solo a fine ‘800 e dal 1930 è stato sancito di utilizzare solo il nome
Sangiovese, si può affermare che almeno il nome del vitigno, come lo
conosciamo oggi, è romagnolo.
Questo “sangue dei gioghi” però – come detto –
arriverebbe da lontano: recenti studi genetici hanno evidenziato la numerosa prole
del Sangiovese tra i vitigni meridionali (Calabrese di Montenuovo, Nerello
Mascalese, Gaglioppo, Frappato e altri).
Un antico atto notarile
del 1672 ritrovato nell'Archivio di Stato di Faenza (negli ultimi tempi ne è
emerso un altro datato 1625!) è tra i primi documenti conosciuti dove si cita
il nome Sangiovese: una signora proprietaria del podere Fontanella posto a 400
metri slm in Casola Valsenio, cede in affitto una vigna al parroco di Pagnano,
riservando alla propria famiglia tre filari di Sangiovese vicini a casa. Difficile
che abbia voluto trattenere per sé la vigna coi grappoli peggiori!
Grazie all’ottenimento
della DOC nel 1967 e al grande lavoro di valorizzazione sfociato
nell’autorizzazione delle 16 sottozone e nella creazione del marchio collettivo
Rocche di Romagna per il rilancio del Sangiovese in purezza come da consolidata
tradizione locale, il Sangiovese romagnolo (dal 2011 Romagna Sangiovese DOC)
sta attirando sempre più l'attenzione di appassionati e intenditori: le
caratteristiche del "Sanzves" richiamano lo spirito
delle genti di Romagna, schiette e ruvide, aperte e versatili. Il gioco delle
Sottozone si è aperto e promette un affascinante, infinito percorso di
degustazione, a carpire quei peculiari caratteri distintivi di ogni terroir che
sono una gioia per il palato e per il cuore.
Il Romagna Sangiovese
sta scrivendo una storia di successo, con innumerevoli itinerari della
conoscenza e del gusto in luoghi da sogno. Non perdete l’occasione di
goderveli!