Terre di Romagna: alle radici dell’eccellenza enologica | Consorzio Vini di Romagna
gennaio 2022 | Vino

Terre di Romagna: alle radici dell’eccellenza enologica

Viaggio geologico alla scoperta del più prezioso tesoro della Romagna enologica: la sua terra.

Terre di Romagna: alle radici dell’eccellenza enologica | Consorzio Vini di Romagna

Identità e suoli

L’identità della Romagna e dei suoi vini dipendono in buona misura dal più semplice e al tempo stesso dal più complesso e vario degli elementi: il suolo.

Quando si parla di terra romagnola, l’espressione lascia spazio a molte interpretazioni: si spalanca la porta della tradizione, delle storie e delle vite che questa terra abitano e hanno abitato. Ma nell’accezione più letterale la terra di Romagna, il suo suolo, è la culla dell’unicità dei grandi vini a denominazione di questa regione.

Scopriamo insieme cosa si nasconde sotto rocche, borghi, aziende agricole e vigneti, alle radici del più prezioso tesoro della Romagna enologica: la sua terra.

Le “terre” dei vini di Romagna

Innanzitutto è bene partire tentando di rispondere a una domanda fondamentale: cosa si intende per “terre” dei vini?

Il termine terra così utilizzato ha certamente a che fare anche con la parte “materica” di ciò che va ad indicare: se pensando alla terra vi vengono in mente polvere, zolle, pietre e radici, vi state muovendo nella direzione giusta, ma è necessario continuare a spostarci.

A questo punto, come nella migliore tradizione cinematografica, è bene completare il nostro “Effetto Vertigo”, facendo uno zoom all’indietro e abbracciando con lo sguardo concetti molto più ampi, che penetrano la storia e la tradizione.

Terra è infatti un termine che non va inteso soltanto nella sua accezione materiale, ma deve includere elementi di geologia, climatologia e morfologia del terreno e l’uso che l’uomo ne ha fatto nel corso dei secoli.

Il concetto di terra così inteso è ciò che viene anche chiamato terroir, ovvero quel ventaglio di fattori che definiscono le caratteristiche qualitative di una determinata zona viticola e che vengono posti in evidenza da quell’attività che va sotto il nome di zonazione viticola. Lo studio delle terre di Romagna ha permesso così di scoprire diversi ambienti viticoli, ognuno caratterizzato da una sua vocazionalità, ma che possiamo, semplificando, ricondurre a tre macroaree, tenendo presente l’origine geologica dei suoli: quella dominata dalla Formazione Marnoso Arenacea, quella delle Terre rosse antiche e l’ambiente del Pliocene. Vediamoli nel dettaglio.

Tra la terra e l’uomo

La mano dell’uomo è sicuramente in grado di imprimere tratti distintivi ai grandi vini, lavorando sia su differenti tecniche agronomiche che sugli stili di vinificazione. A ciò va aggiunta una componente ambientale imprescindibile, che è fatta di clima, di orografia (altitudine, esposizione, ecc.) e interazioni ecosistemiche (boschi, ruscelli, ecc.) differenti da zona a zona. Ma a monte di tutto ciò c’è sempre la terra, con le sue componenti chimiche, fisiche e microbiologiche, che ospita le radici delle nostre viti, infondendogli la sua “anima”.

Formazione Marnoso Arenacea

La più estesa macroarea geologica della Romagna è quella che sottende la Formazione Marnoso Arenacea. Si tratta di un complesso di sedimenti, formati da arenarie, peliti e altre rocce sedimentarie che si è formato nell’arco di 10 milioni di anni. I suoli che ne sono derivati sono tipicamente calcarei con una tessitura (distribuzione percentuale delle particelle di sabbia, limo e argilla che lo compongono) estremamente variabile e mantengono lo strato geologico di rocce stratificate originario a profondità diverse. La variabilità legata alla profondità a cui si incontra il substrato geologico e alla tessitura del terreno influisce notevolmente sulla capacità del suolo di trattenere acqua, che sappiamo essere fondamentale per l’attività metabolica di tutte le piante. Una situazione di questo tipo, soprattutto in questi anni di “capricci” climatici, lega profondamente il risultato qualitativo della vendemmia alla piovosità e all’intervento del viticoltore.

Il Sangiovese trova in queste terre una vocazione particolare all’esaltazione del fruttato, che si accompagna allo sviluppo di una frazione fenolica sufficiente a garantire una buona struttura.

Terre Calcaree del Pliocene

Una seconda importante macroarea della Romagna è quella delle Terre Calcaree del Pliocene. Risale infatti a questo periodo geologico (che va dai 5,3 ai 2,5 milioni di anni fa) la formazione del substrato roccioso che le ha originate e che ancora oggi si può incontrare a profondità variabili. La presenza di strati di arenaria e la tessitura del suolo, che va dal fine all’estremamente fine, creano condizioni che richiedono molta perizia per garantire una buona nutrizione idrica alle viti che qui sono coltivate: pericolo di compattamento, eccessi di acqua, come pure rischio di siccità estrema. Su questa terra il sangiovese esprime tutta la sua forza

Terre Rosse Antiche

E infine l’ultima macroarea: quella delle Terre Rosse Antiche. Questo strato è costituito dall’antica pianura rialzata come effetto della formazione della catena appenninica e alpina. Qui, non è raro il ritrovamento di reperti archeologici e architettonici, testimonianza della lunga e importante attività umana che ha interessato per prima la nostra Regione. Sono terreni molto antichi, dilavati dalle piogge fino a perdere il calcare negli strati più superficiali e con una frazione importante di limo che, in caso di precipitazioni prolungate, può favorire il ristagno dell’acqua. Qui le vecchie pergole di albana hanno sempre fatto bella mostra di sé, e ancora oggi questo vitigno produce vini che sviluppano appieno la loro struttura e ricchi profili aromatici.